20.000 leghe sotto i mari, (breve) viaggio nel deep web

iceberg

“Come è profondo il mare” recita il titolo-ritornello di una soave canzone di Lucio Dalla che ben si addice ad introdurre il contenuto di questo post. Se è vero infatti che Internet è come un mare magnum, nel quale navigano alla ricerca di informazioni miliardi di utenti, non possiamo che esclamare anche noi: “quanto è immenso e profondo il mare!”

Ma quanto è sconfinato questo mare digitale nella navigazione del quale ormai quotidianamente non possiamo fare a meno di perderci?

Una ricerca del 2000 della Bright Planet, un’agenzia che si occupa di raccolta dati, ha stimato circa 600 miliardi di documenti presenti nel Web. Ciò che molti ignorano, però, è che di questi, solo circa un 1% è visibile agli utenti perché indicizzato dai motori di ricerca, mentre il restante 99% di documenti non sono accessibili ai crawlers degli stessi e quindi risulta invisibile, praticamente inesistente per il web di superficie: è il cosiddetto deep web (o darknet).

Come è possibile?

A partire dall’avvento di Internet nel 1993, anno in cui il CERN di Ginevra rende pubblico il WWW dando origine all’Internet che tutti utilizziamo, nel corso degli anni parallelamente ad esso si è sviluppata una Rete denominata Onion. Sconosciuta ai molti questa sorellastra di Internet è nata per proteggere con un sistema di criptazione a strati dei dati (da qui il nome Cipolla) le comunicazioni della marina statunitense.

Successivamente anche molte associazioni non governative, al fine di difendere i diritti e le libertà digitali, ne hanno sostenuto lo sviluppo perché essa si diffondesse e proliferasse anche al di fuori dell’ambito militare.

Ad oggi la proporzione tra il mondo digitale accessibile e quello sommerso è schiacciante. Ciò che un utente raggiunge con le sue ricerche attraverso i comuni motori è solamente la piccola punta di un iceberg.

Al di sotto c’è un mondo immenso.

Un mondo completamente anonimo. Chiunque può accedere alla rete Onion attraverso un client specifico che protegge l’utente dall’analisi del traffico attraverso un sistema di rimbalzi su server sparsi per la rete.

Lo scopo primario di questo client, denominato Tor, è nobile e condivisibile: protezione della privacy, riservatezza della comunicazioni, accessibilità dei servizi; esso nasce infatti con l’intento di salvaguardare la privacy degli utenti, anche nella rete Internet, permettendo una navigazione non tracciata dai motori di ricerca e bypassando la censura imposta in molti stati. Ma di fatto esso è diventato il portale di accesso per l’oscuro mondo parallelo: la rete con il dominio .onion.

E nella rete Onion non esistono censure né limitazioni né regole. Di conseguenza se da un lato possiamo immaginare una maggiore libertà di circolazione delle informazioni, dall’altro, pleonastico specificarlo, questo è l’ambiente perfetto per il proliferare del lato oscuro e di qualsiasi genere di illegalità.

Nel deepweb circola di tutto, non esistono limiti, è la giungla dell’anonimato; esiste persino una moneta propria,  il bitcoin, con cui si possono portare a termine gli affari più loschi.

Cosa c’entra tutto questo con noi che navighiamo in superficie?

Soprattutto nell’era della socializzazione, dello sharing di dati personali sotto forma di video e immagini e di una generale minore attenzione alla propria privacy, per i naviganti del mare di sopra, non si può non avere consapevolezza di questo mondo sommerso, non si può ignorare la presenza di questo traffico invisibile e anonimo. A maggior ragione occorre essere vigili e mantenere il più possibile una condotta accorta di protezione e riservatezza dei propri dati.

Qualsiasi Internauta che si accinge a navigare nel mare infinito del Web, deve aver ben presente che quella che vede affiorare in superficie, è solo la punta di un iceberg, contro cui è meglio non scontrarsi.

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